Costituzioni figlie di tempi degni

LE COSTITUZIONI DEVONO ESSERE FIGLIE DI TEMPI DEGNI

Tempi degni

Le Costituzioni devono essere figlie di tempi degni, non scherziamo! La Costituzione italiana ha un senso e qualunque sua modifica richiede un consenso importante, popolare prima ancora che politico. Un interesse che vada oltre la coalizione, che coinvolga tanti e dai colori politici più svariati.

 

Le modifiche che si discutono in politica proprio in questi giorni rappresentano legittime proposte. Perché è indiscutibile che la necessità sia diventata quella di proteggere il nostro Paese dalla patologia dell’ingovernabilità. E dai banchi della politica sembra si propenda per l’uomo forte al comando, mentre gli accademici sono perplessi e talvolta si spingono sino a paventare soluzioni alternative. Ma tutto questo non basta. Perché non sarà mai sufficiente un consenso fino a quando non sarà cosciente e popolare.

Quando i tempi sono degni?

Tempi degni
Tempi degni

I tempi sono degni quando il cambiamento non è invocato, ma è discusso. Quando non è imposto, ma è frutto di una visione piena della società. “Monarchia o Repubblica” si domandava. Era una scelta, non l’approvazione di una scelta altrui. Una scelta figlia di fervida discussione tra politici, accademici e soprattutto le persone comuni, tra i contadini e tra chi viveva in città.

 

Perché è certo che la politica abbia la legittimità di proporre riforme nel senso, per esempio, del premierato. Così come gli accademici sono liberi di confrontarsi tra le ipotesi più svariate. Ma tutto ciò non avrà valore fino a quando non nascerà dal coinvolgimento dell’intero elettorato. Manca una fetta importante di popolazione. Manca all’incirca il 50% degli aventi diritto al voto. E fino a quando questi non prenderanno parte alla diatriba politica, qualunque proposta non potrà considerarsi figlia dei tempi.
Una riforma così come la si discute oggi, cambierebbe i tempi secondo la propria volontà. Si tratterebbe di dar vita a tempi figli di una riforma, piuttosto che ad una riforma figlia dei tempi. E non si tratta di un gioco di parole, ma del discrimine tra una buona ed una cattiva riforma costituzionale.

 

I tempi sono maturi, è ora di riformare, lo chiedono tutti, adesso è il momento di aprire un dibattito serio, ampio e condiviso che coinvolga ogni visione.

Qual'è la riforma degna dei tempi?

E’ degna dei tempi la riforma che senta anche la voce di chi non crede nel partito politico, ma voglia comunque fare la propria parte. La voce di chi voterebbe per una persona fidata in maniera responsabile. Di chi sa che in Costituzione non sta mai scritto che per far politica sia necessario far parte di una lista. Sentiamo anche la voce di chi voterebbe soltanto qualora fosse l’unico artefice degli effetti del proprio voto. Perché vogliamo davvero modificare le fondamenta della nostra Carta costituzionale? Allora consideriamo anche l’eventualità in cui il popolo domandi di responsabilizzarsi in merito alla scelta del proprio parlamentare, piuttosto che del prorpio capo. Educhiamo sul valore di ogni songolo politico, oltre che su quello del leader. Diamo alle persone una visione completa della questione, poi vediamo cosa e se si decide.

Diamo agli elettori, almeno nell’immaginazione, la possibilità di scegliere liberamente tra un partito e una persona indipendente. Il partito propone le proprie soluzioni, la persona indipendente farà lo stesso. Apriamola a questo livello la discussione costituzionale. Perché il primo problema da affrontare è l’astensionismo, e l’unica maniera per fare una buona riforma è azzerarlo. E azzerarlo significa dare a qualunque elettore la possibilità di fare politica. Come? Permettendogli di candidarsi da solo, fuori da ogni partito. Soltanto così si sentirebbe  partecipe di una discussione che effettivamente lo riguardi.

Responsabilizziamoci

Discutere della riforma costituzionale anche da questo punto di vista è diventata una necessità; farne a meno è vigliaccheria. Predere atto del fatto che il partito (o il movimento politivo) non può più essere considerato l’unico organismo in grado di fare politica, a mio parere, è indice di onestà intellettuale. Tacerlo risulta pericoloso e miope, per usare un eufemismo.

Una politica responsabile è possibile, ma deve nascere da una discussione che non ha più senso d’essere rimandata.

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LE COSTITUZIONI DEVONO ESSERE FIGLIE DI TEMPI DEGNI

Tempi degni

Le Costituzioni devono essere figlie di tempi degni, non scherziamo! La Costituzione italiana ha un senso e qualunque sua modifica richiede un consenso importante, popolare prima ancora che politico. Un interesse che vada oltre la coalizione, che coinvolga tanti e dai colori politici più svariati.

 

Le modifiche che si discutono in politica proprio in questi giorni rappresentano legittime proposte. Perché è indiscutibile che la necessità sia diventata quella di proteggere il nostro Paese dalla patologia dell’ingovernabilità. Dai banchi della politica sembra si propenda per l’uomo forte al comando. Gli accademici, invece, sono perplessi, e talvolta si spingono sino a paventare soluzioni alternative. Ma tutto questo non basta. Perché non sarà mai sufficiente un consenso fino a quando non sarà cosciente e popolare.

Quando i tempi sono degni?

I tempi sono degni quando il cambiamento non è invocato, ma è discusso. Quando non è imposto, ma è frutto di una visione piena della società. “Monarchia o Repubblica” si domandava. Era una scelta, non l’approvazione di una scelta altrui. Una scelta figlia di fervida discussione tra politici, accademici e soprattutto tra persone comuni.

 

E’ certo che la politica di oggi abbia la legittimità di proporre riforme nel senso, per esempio, del premierato. Così come gli accademici sono liberi di confrontarsi tra le ipotesi più svariate. Ma a questa discussione manca una fetta importante di popolazione. Manca all’incirca il 50% degli aventi diritto al voto. E fino a quando questi non prenderanno parte alla diatriba politica, qualunque proposta non potrà considerarsi figlia dei tempi.
Una riforma così come la si discute oggi cambierebbe i tempi secondo la sua volontà. Si tratterebbe di dar vita a tempi figli di una riforma, piuttosto che ad una riforma figlia dei tempi. E non si tratta di un gioco di parole, ma del discrimine tra una buona ed una cattiva riforma costituzionale.

 

 

I tempi sono maturi, è ora di riformare, lo chiedono tutti, adesso è il momento di aprire un dibattito serio, ampio e condiviso che coinvolga ogni visione.

Qual'è la riforma degna dei tempi?

E’ degna dei tempi la riforma che senta anche la voce di chi non creda nel partito politico, ma voglia comunque fare la propria parte. La voce di chi creda nel parlamentarismo così come delienato dai costituenti e rivendichi il proprio diritto a votare per una persona fidata in maniera responsabile. Di chi sa che in Costituzione non sta scritto che per far politica sia necessario prender parte ad una lista. Sentiamo anche la voce di chi voterebbe soltanto se fosse l’unico artefice degli effetti del proprio voto. Perché vogliamo davvero modificare le fondamenta della nostra Carta costituzionale? Allora consideriamo anche l’eventualità in cui il popolo domandi di responsabilizzarsi in merito alla scelta del proprio parlamentare, piuttosto che del prorpio capo. Educhiamo sul valore di ogni singolo parlamentare, oltre che su quello del leader. Diamo alle persone una visione completa della questione, poi vediamo cosa e se si decide.

Perché non dimentichiamo che il primo problema da affrontare è l’astensionismo, e l’unica buona riforma costituzionale è quella che lo azzeri, o quantomeno lo diminuisca di gran lunga. E per farlo bisogna dare a qualunque elettore la possibilità di fare politica, di sentirsi realmente partecipe. Come? Permettendogli di candidarsi da solo, fuori da ogni partito. Facendo idpendere la propria eventuale elezione solo e soltanto dalle proprie capacità e dal giudizio degli elettori, non del partito.

Responsabilizziamoci

Discutere della riforma costituzionale anche da questo punto di vista è diventata una necessità; farne a meno è vigliaccheria. Prendere atto del fatto che il partito (o il movimento politico) non può più essere considerato l’unico organismo in grado di fare politica, a mio avviso, è indice di onestà intellettuale. Tacerlo risulta pericoloso e miope, per usare un eufemismo.

Una politica responsabile è possibile, ma deve nascere da una discussione che non ha più tempo d’essere rimandata.

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