Una nuova legge elettorale

Una nuova legge elettorale

A volte ragionare fuori dagli schemi diventa utile e, altre volte, addirittura necessario. Non esistono soltanto i sistemi elettorali di tipo maggioritario o proporzionale. O, almeno, questi non sono in grado di tutelare pienamente la libera espressione del diritto di voto. L’esperienza personale me lo insegna, tanto in quanto elettore, quanto nelle vesti di candidato.

Dal punto di vista di chi vota

Sono uno dei tanti che non vota, da anni, almeno da quando mi sono reso conto di chi contribuivo ad eleggere.
So che astenermi non sia una soluzione, ma non credo né nel partito e né tanto meno nel movimento politico, però purtroppo posso votare soltanto per loro… E il problema più grande è che le alternative di sistema ad oggi in campo sono in ogni caso insufficienti.

Il sistema proporzionale non tutela i miei diritti, perché, imponendo la lista politica, preclude la possibilità di votare per un’unica persona.
Allo stesso tempo, però, nemmeno il sistema maggioritario è sufficiente, perché, pur permettendo di votare un’unica persona, limita irragionevolmente l’esercizio del diritto di voto. Io che intendo votare qualcuno di cui mi fidi (e siamo tutti d’accordo che questo sia un mio diritto), perché dovrei limitarmi al mio collegio elettorale?! Da bresciano perché non potrei votare, ad esempio, un sardo. Si vota per eleggere chi rappresenti la Nazione, non esiste motivo per limitare il voto al territorio comunale o poco più. Anche e soprattutto in ragione dei nuovi mezzi di comunicazione, che rendono illogica ogni limitazione territoriale aprioristica.

La legge elettorale deve rispettare anche chi, votando, voglia assumersi le proprie responsabilità elettorali: chi voglia scegliere i propri politici, senza farli scegliere ad altri. Chi voglia votare una persona di fiducia, per essere certo di contribuire ad eleggere una persona “onorevole”. La legge deve rispettare chi voglia essere messo nelle condizioni di monitorare l’operato di colui o colei che contribuisca ad eleggere. Si tratta di diritti, sacrosanti, inerenti la personalità e la libertà del voto.

Dal punto di vista di chi si candida

Il monopolio della politica è in capo ai partiti. Ma qualcuno deve spiegarmi dove sta imposto?! Perché per far politica bisogna domandare il permesso a un partito o a un movimento? In Costituzione non sta scritto da nessuna parte. Chiunque può fare politica, all’unica condizione che riceva un numero di voti sufficiente. Gli unici giudizi imposti dalla Costituzione sono quelli degli elettori, non dei partiti.

La legge elettorale deve rispettare anche chi intenda assumersi le proprie sole ed uniche responsabilità davanti agli elettori, chi non intenda spartire il voto, ma “mettere la faccia” soltanto per sé stesso, in quanto capace di garantire soltanto in merito ai propri futuri atti e non a quelli di altri.

La nuova legge elettorale

Per questi motivi, sono convinto che la legge elettorale debba prevedere la possibilità di candidarsi individualmente e indipendentemente, fuori da qualunque lista politica, in rappresentanza soltanto del proprio nome e cognome. L’ampiezza del territorio di candidatura dev’essere una scelta del candidato, subordinata, a parer mio secondo logica, soltanto alla presentazione di un numero di firme a sostegno della candidatura, proporzionale alla popolosità del territorio entro cui intenda candidarsi. Dopo di che, si fa la conta, stando a calcoli elettorali non certo facili e immediati, ma realizzabili: chi prende più voti viene eletto, fino ad esaurimento posti.

Ma questa maniera di votare e di candidarsi, proprio in quanto diritto tutelato dalla Costituzione, non intende prevaricare sull’altrettanto legittimo diritto di candidarsi e di votare per una lista politica. Convivenza dev’essere la parola d’ordine: diamo agli elettori la possibilità di votare per un partito, per un movimento o (liberamente) per una persona, e vediamo cosa succede.

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Una nuova legge elettorale

A volte ragionare fuori dagli schemi diventa utile e, altre volte, addirittura necessario. Non esistono soltanto i sistemi elettorali di tipo maggioritario o proporzionale. O, almeno, questi non sono in grado di tutelare pienamente la libera espressione del diritto di voto. L’esperienza personale me lo insegna, tanto in quanto elettore, quanto nelle vesti di candidato.

Dal punto di vista di chi vota

Sono uno dei tanti che non vota, da anni, almeno da quando mi sono reso conto di chi contribuivo ad eleggere.
So che astenermi non sia una soluzione, ma non credo né nel partito e né tanto meno nel movimento politico, però purtroppo posso votare soltanto per loro… E il problema più grande è che le alternative di sistema ad oggi in campo sono in ogni caso insufficienti.

Il sistema proporzionale non tutela i miei diritti, perché, imponendo la lista politica, preclude la possibilità di votare per un’unica persona.
Allo stesso tempo, però, nemmeno il sistema maggioritario è sufficiente, perché, pur permettendo di votare un’unica persona, limita irragionevolmente l’esercizio del diritto di voto. Io che intendo votare qualcuno di cui mi fidi (e siamo tutti d’accordo che questo sia un mio diritto), perché dovrei limitarmi al mio collegio elettorale?! Da bresciano perché non potrei votare, ad esempio, un sardo. Si vota per eleggere chi rappresenti la Nazione, non esiste motivo per limitare il voto al territorio comunale o poco più. Anche e soprattutto in ragione dei nuovi mezzi di comunicazione, che rendono illogica ogni limitazione territoriale aprioristica.

La legge elettorale deve rispettare anche chi, votando, voglia assumersi le proprie responsabilità elettorali: chi voglia scegliere i propri politici, senza farli scegliere ad altri. Chi voglia votare una persona di fiducia, per essere certo di contribuire ad eleggere una persona “onorevole”. La legge deve rispettare chi voglia essere messo nelle condizioni di monitorare l’operato di colui o colei che contribuisca ad eleggere. Si tratta di diritti, sacrosanti, inerenti la personalità e la libertà del voto.

Dal punto di vista di chi si candida

Il monopolio della politica è in capo ai partiti. Ma qualcuno deve spiegarmi dove sta imposto?! Perché per far politica bisogna domandare il permesso a un partito o a un movimento? In Costituzione non sta scritto da nessuna parte. Chiunque può fare politica, all’unica condizione che riceva un numero di voti sufficiente. Gli unici giudizi imposti dalla Costituzione sono quelli degli elettori, non dei partiti.

La legge elettorale deve rispettare anche chi intenda assumersi le proprie sole ed uniche responsabilità davanti agli elettori, chi non intenda spartire il voto, ma “mettere la faccia” soltanto per sé stesso, in quanto capace di garantire soltanto in merito ai propri futuri atti e non a quelli di altri.

La legge elettorale

Per questi motivi, sono convinto che la legge elettorale debba prevedere la possibilità di candidarsi individualmente e indipendentemente, fuori da qualunque lista politica, in rappresentanza soltanto del proprio nome e cognome. L’ampiezza del territorio di candidatura dev’essere una scelta del candidato, subordinata, a parer mio secondo logica, soltanto alla presentazione di un numero di firme a sostegno della candidatura, proporzionale alla popolosità del territorio entro cui intenda candidarsi. Dopo di che, si fa la conta, stando a calcoli elettorali non certo facili e immediati, ma realizzabili: chi prende più voti viene eletto, fino ad esaurimento posti.

Ma questa maniera di votare e di candidarsi, proprio in quanto diritto tutelato dalla Costituzione, non intende prevaricare sull’altrettanto legittimo diritto di candidarsi e di votare per una lista politica. Convivenza dev’essere la parola d’ordine: diamo agli elettori la possibilità di votare per un partito, per un movimento o (liberamente) per una persona, e vediamo cosa succede.

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